La saggezza di Avatar Adi Da sul dolore e la morte​

LA SAGGEZZA DI AVATAR ADI DA SUL DOLORE
Un brano da “Il Rito della Dipartita”
in Easy Death (pag. 291 – 92)

Avatar Adi Da Samraj: Se avete ancora qualcosa in sospeso con qualcuno, dovreste risolvere la questione con quella persona prima che muoia – e non aspettare che quella persona sia già nel processo finale prima di andarsene. Non dovreste davvero lasciare quella questione irrisolta.

   Se c’è qualcosa ancora di non risolto, e quella persona sta già morendo, potreste anche (discretamente) impegnarvi nell’azione del perdono – ma è meglio non essere coinvolti nella drammatizzazione del dolore e con emozioni eccessive, che generalmente sono nocive per ognuno. Tali drammatizzazioni da parte di un altro possono intrappolare l’attenzione di quelli che stanno morendo e tendono a confonderli e farli sentire non liberi di andarsene. In genere, quelle drammatizzazioni sono fuori luogo.

   Il periodo che precede la dipartita dovrebbe essere calmo e sicuro e sensibile verso coloro che stanno per andarsene. I segnali che dovrebbero giungere da chi assiste dovrebbero essere di ego-trascendenza. Il vostro comportamento dovrebbe corrispondere alle istruzioni che state suggerendo al morente. É importante che sia così.

   Certo che il dolore è presente, ma non dovrebbe trasformarsi in drammatizzazione che potrebbe disturbare chi sta morendo. Se qualcuno sente di venire sopraffatto dal dolore, è meglio che lasci la stanza per un pò e divida il proprio dolore insieme ad amici. É per questo che dovreste preparare non solo chi sta morendo ma anche le persone che stanno intorno al corpo ormai senza vita durante la veglia.

   Molto di quello che sembra aiutare chi è morto, nel mondo ordinario, è spesso una cerimonia del dolore. Poiché le persone non credono del tutto che ci sia una continuazione dopo la morte, colgono l’occasione per indulgere nel dolore – ricordando i tempi passati, piangendo, mettendosi insieme per piangere sulla spalla dell’altro, per dire qualcosa del tipo “Forse lui/lei sono lassù in cielo che ci guardano” o comunque si riferiscono al deceduto/a, magari ripetendo quel rito anche nei giorni che seguono. E questo non fa bene a nessuno – né a quelli che lo/a piangono, né a quelli che stanno morendo o se ne sono già andati.

   Non è che si debba cancellare il dolore, ma la migliore forma di seguirlo/a è la continua e sentita associazione con il morente o con chi sta per andarsene – e assumere un senso di liberazione non solo verso il proprio dolore ma anche verso chi se ne è andato. Adattarsi alla nuova situazione, questo dovrebbero fare quelli che assistono i morenti e anche quelli che stanno morendo o se ne sono già andati.